Clinica
Il carcinoma epatocellulare o HCC (hepatocellular carcinoma) è il più frequente tumore primitivo del fegato ed origina dalla trasformazione neoplastica degli epatociti, le cellule del fegato.
Dal punto di vista morfologico si può manifestare in tre modi: unifocale, come un nodulo singolo (60%); multifocale, come due o più noduli sparsi nel parenchima (30%); diffuso, come massa estesamente infiltrante che tende alla completa sostituzione del fegato.
L’incidenza mondiale dell’ HCC è maggiore in Asia e nei Paesi sub-sahariani, mentre è relativamente meno frequente in Europa e in Nord America essendo legata alla diffusione dei virus dell’epatite (HBV e HCV). In Europa, i paesi in cui si registra il maggior numero di casi sono l’Italia e quelli del bacino del Mediterraneo.
L’HCC insorge nel 70-95% dei casi in pazienti con un’ epatopatia cronica, raramente su un fegato “sano”.
Nei paesi orientali l’HCC è quasi sempre associato ad infezione cronica da HBV e/o HCV. L’età di insorgenza è precoce, tra i 20 e i 40 anni, e la cirrosi può anche non essere presente.
Nei paesi occidentali, invece, circa il 90% dei casi si sviluppa su fegati cirrotici, con picchi di incidenza oltre i 60 anni. Le principali cause di cirrosi in tali paesi sono le seguenti:
- Epatopatia cronica alcolica (70%)
- Epatiti virali HBV- o HCV-correlate (10%)
- Forme criptogentiche, cioè da cause sconosciute (10-15%)
- NAFLD-NASH (epatiti croniche da causa non infettiva)
- Cirrosi biliare primitiva o secondaria (5-10%)
- Emocromatosi (5%)
- Altre (rare)
Per la maggior parte dei pazienti l’epatocarcinoma è del tutto asintomatico.
I sintomi, quando presenti, sono legati all’epatopatia cronica con cirrosi ed ipertensione portale: anoressia, astenia, ittero, ascite, epatomegalia, splenomegalia, sanguinamento delle varici esofagee, encefalopatia; può essere presente febbre, causata dalla necrosi centrale del tumore.
Gli HCC possono essere sintomatici solo se di grandi dimensioni. I sintomi in tal caso possono includere: il dolore nei quadranti addominali superiori, la presenza di una massa palpabile nell’emiaddome di destra e l’emorragia interna da rottura della massa nel cavo addominale.
Diagnosi
I pazienti con storia di epatopatia cronica sono a rischio di sviluppare un HCC e per tale motivo dovrebbero essere sottoposti ad un programma di screening volto alla diagnosi precoce dell’epatocarcinoma. Durante lo screening vengono eseguiti ad intervalli di sei mesi:
- Ecografia addome: l’ecografia all’addome è lo strumento diagnostico di prima scelta, con una sensibilità del 60-80% e una specificità del 90%.
- Marker tumorali: l’alfa-fetoproteina (-FP) è un marcatore tumorale specifico. La sua sensibilità diagnostica è del 60%. Un livello di -FP superiore a 400 ng/mL è fortemente diagnostico, ma circa i due terzi dei pazienti con HCC <4 cm ha livelli di α-FP <200 ng/mL e inoltre circa il 20% degli HCC non produce -FP.
Secondo le linee guida internazionali una lesione focale epatica riscontrata all’ecografia in un paziente con epatopatia cronica o cirrosi è fortemente suggestiva per HCC, soprattutto in presenza di livelli elevati di fetoproteina.
Indagini di secondo livello sono la TC e la RM, utili nella conferma della diagnosi e nella stadiazione della malattia al fine di impostare il corretto iter terapeutico. Nella maggior parte dei casi sono sufficienti a definire la natura della lesione.
La TC con mezzo di contrasto (mdc) identifica il tumore, ne definisce le caratteristiche e i rapporti con le strutture vascolari.
La RM con mdc ha un’accuratezza sovrapponibile alla TC. I vantaggi sono legati alla mancata somministrazione di radiazioni ionizzanti, alla possibilità di utilizzare mezzi di contrasto specifici per il fegato e di studiare con opportune fase dell’esame l’albero biliare; gli svantaggi, invece, sono i tempi e i costi di esecuzione ancora molto elevati.
In rari casi, qualora i dati TC e RM non fossero concordanti, può essere richiesta una biopsia della lesione:
La biopsia epatica è una tecnica che consente il prelievo di una piccola quantità di tessuto tumorale per l’esame al microscopio. Sulla base delle dimensioni e della localizzazione della massa sospetta, la biopsia può essere eseguita per via percutanea trans-epatica, ovvero con l’introduzione eco-guidata o TC-guidata di un particolare ago attraverso la cute e il fegato fin alla lesione; utilizzando una tecnica chirurgica mini-invasiva, la laparoscopia o mediante tecniche di endoscopia digestiva.
La biopsia va riservata a casi selezionati in quanto metodica invasiva che può essere gravata dal rischio di disseminazione delle cellule tumorali lungo i tessuti attraversati dagli strumenti o da emorragia.
Trattamenti
I trattamenti ad intento curativo per l’HCC comprendono il trapianto di fegato, la resezione epatica e i trattamenti ablativi.
Trapianto
Il trapianto di fegato consiste nella sostituzione del fegato “malato” con un fegato “sano” di un donatore.
Il trapianto è il trattamento curativo ideale per l’HCC, perché permette di curare contemporaneamente il tumore asportandolo e la malattia epatica sottostante (cirrosi) che ha provocato il tumore.
Solo il 5%, però, dei pazienti con HCC su cirrosi è candidabili a trapianto.
A causa della limitata disponibilità di organi, questo trattamento è riservato a pazienti che non siano trattabili mediante resezione chirurgica e che rispondano a rigidi criteri di selezione (Criteri di Milano: lesione singola ≤ 5cm oppure ≤ 3 lesioni ciascuna ≤ 3cm), tuttora ancora in discussione e recentemente lievemente ampliati.
Il trapianto di fegato rappresenta quindi il trattamento per quei pazienti con cirrosi in fase avanzata e funzionalità epatica compromessa, per questo non candidabili ad interventi chirurgici di resezione.
Resezione Epatica
La resezione è il trattamento di scelta nei pazienti con tumori in stadio inziale, T1 o T2 (sec. classificazione TNM).
La percentuale di HCC operabili al momento della diagnosi é soltanto del 20-25%, perché la maggior parte dei pazienti possiede una scarsa riserva funzionale epatica (cirrotici) o perché presenta una malattia con estensione bi-lobare o extra-epatica.
Nel caso di resezioni epatiche nei pazienti cirrotici è sempre necessario valutare la funzione epatica (Test del verde indocianina, score di Child-Pugh, etc…) in quanto il rischio di scompenso ed insufficienza epatica nel postoperatorio è elevato.
Nei pazienti cirrotici, inoltre, il rischio di recidiva di malattia è circa del 50-60% a 5 anni.
Trattamenti ablativi
Per le lesioni di piccole dimensioni (< 3 cm) nei pazienti con funzionalità epatica compromessa, malattia con localizzazione epatica centrale intraparenchimale, performance status compromesso o estensione bi-lobare (fino a 3 noduli), il trattamento standard è costituito dalla terapia ablativa percutanea localizzata.
L’ablazione della massa tumorale può essere ottenuta con mezzi chimici come l’alcool, o fisici, come le radiofrequenze e le microonde.
Tali procedure, inoltre, possono essere utilizzate come preparatorie ad interventi resettivi o al trapianto.
Altre tecniche ablative comprendono l’infusione di soluzione salina, la terapia laser e la crioterapia. Nessuna di queste, però, si è sinora rivelata superiore rispetto all’alcolizzazione o all’ablazione con radiofrequenza.
Molti pazienti non candidati a tali terapie possono però essere trattati con altri metodi palliativi, cioè la chemio-embolizzazione (TACE) o la chemioterapia (Sorafenib).
La chemio-embolizzazione transarteriosa (TACE) consiste nella somministrazione di farmaci chemioterapici all’interno dell’arteria epatica mediante procedure angiografiche.
Il razionale di tale trattamento poggia sull’osservazione che l’epatocarcinoma riceve il proprio apporto ematico principalmente dall’arteria epatica, mentre il parenchima epatico sano lo riceve soprattutto dalla vena porta.
E’ possibile, pertanto, aggredire il tumore con agenti chemioterapici in modo relativamente selettivo. Questa procedura può avere come conseguenza la cosiddetta sindrome post-embolizzazione (iperpiressia, dolore addominale, vomito), con meno del 1% di mortalità complessiva.