Clinica
Il Colangiocarcinoma Intraepatico (CCI) è un tumore maligno che origina dai dotti biliari intraepatici oltre le diramazioni di secondo ordine. La maggior parte dei casi è un adenocarcinoma.
È la seconda più frequente neoplasia primitiva del fegato dopo l’HCC, corrispondente al 10 – 15% dei casi. Il CCI rimane comunque un tumore maligno raro, pari al 3% dei tumori gastrointestinali e il 10% dei tumori del tratto biliare, sebbene in Italia l’incidenza di CCI sia aumentata da 0,5 per 100.000 a 1,2 per 100.000 negli ultimi 30 anni. La maggiore incidenza si osserva tra la sesta e la settima decade di vita, con un rapporto maschi/femmine di 2:3.
Fattori di rischio
I disturbi del tratto biliare quali l’infiammazione cronica, la colestasi e le epatopatie croniche rappresentano fattori di rischio per CCI ben definiti.
In particolare la colangite sclerosante primitiva (PSC), le anomalie congenite del dotti biliari (malattia fibrocistica del fegato, cisti del coledoco e la malattia di Caroli), calcolosi intra-epatica, infestazione da parassiti (Clonorchis sinensis e Opistorchis viverrini), e l’esposizioni ad alcune sostanze chimiche cancerogene (biossido di torio, diossina, amianto e radon) sono associati ad un aumentato rischio di sviluppare ICC.
Più recentemente le malattie epatiche HBV- e HCV- correlate e la sindrome metabolica sono stati riconosciuti come fattori di rischio significativi per CCI.
Nonostante il consolidato rapporto tra i fattori di rischio sopra indicate e CCI, essi possono essere riconosciuti solo in una minoranza di pazienti: in molti studi viene rilevata la presenza di PSC in solo l’1% dei pazienti con CCI, di litiasi intraepatica nel 3%, di anomalie congenite dei dotti biliari nel 1% e di HCV o HBV nel 8%. Questo indica che ancora molto sulla natura e sulle cause di questa neoplasia resta ancora da scoprire.
Classificazione
Il Gruppo di studio del cancro del fegato del Giappone (LCSGJ) , cui la nostra scuola fa riferimento, ha proposto una classificazione macroscopica del CCI secondo l’aspetto e il modello di crescita del tumore. Secondo tale classificazione i CCI possono essere suddivisi in tre diversi sottotipi:
- Formante massa (mass forming, MF) caratterizzato dalla presenza di una massa solida nel parenchima epatico.
- Periduttale infiltrante (periductal infiltrating, PI) caratterizzato da una crescita infiltrativa del tumore lungo i dotti biliari intraepatici.
- A crescita intraduttale (intraductal growth , IG) caratterizzato da una crescita tumorale all’interno del dotto biliare lungo la superficie epiteliale con bassa frequenza di invasione della parete duttale.
La frequenza di ciascun sottotipo è del 60-70% per il tipo MF, 7-15% per il tipo PI e del 4-15% per il tipo IG; fino al 20% dei casi sono forme miste, più frequentemente di tipi MF + PI.
La patogenesi dei CCI potrebbe essere diversa tra le diverse forme: il tipo MF mostra una maggiore associazione con epatopatie virali; il tipo PI invece è più frequentemente associato con PSC, litiasi intra-epatica e infezioni parassitarie.
L’aspetto macroscopico riflette anche un diverso comportamento biologico: il tipo PI e il tipo PI + MF hanno mostrato una maggiore incidenza di metastasi linfonodali (60%) rispetto al MF (16-50%) o al IG (< 5%).
Diagnosi
Il CCI è un tumore a decorso subdolo, spesso asintomatico. Quando presenti i sintomi d’esordio sono vaghi e aspecifici, e la presentazione clinica può essere diversa tra i vari tipi istologici: pazienti con MF di solito non hanno sintomi anche con grandi masse epatiche; un ittero ostruttivo può verificarsi nei pazienti con PI a causa dell’invasione tumorale dell’ilo epatico; nelle forme IG infine una colangite senza ittero è più frequente per l’accrescimento endoluminale con l’ostruzione del dotto.
Il più delle volte il CCI è un reperto occasionale nel corso di esami strumentali eseguiti per altra causa. È inoltre necessario escludere la natura secondaria della lesione (metastasi).
Tra gli esami di laboratorio risulta utile il dosaggio della bilirubina, della fosfatasi alcalina, della glutamil-trasferasi, nonché dei marcatori tumorali CEA e soprattutto CA 19-9. L’esame strumentale di I livello è l’ecografia, seguita da necessario approfondimento con TC e RM con mdc.
Terapia
Esistono diverse opzioni terapeutiche la cui scelta si basa su diversi fattori, quali le condizioni generali del paziente (età e patologie concomitanti) e lo stadio della malattia (estensione locale e coinvolgimento di organi adiacenti o a distanza). Il trattamento può essere chirurgico oppure chemio- o radio- terapico (trattamento palliativo).
La chirurgia è l’unico trattamento che ad oggi offre un possibilità di sopravvivenza a lungo termine. La resezione epatica associata all’asportazione dei linfonodi del peduncolo epatoduodenale rappresenta l’intervento standard.
Il tasso di resecabilità del tumore è ancora basso, dal 30% al 60% dei casi diagnosticati, e questo a causa della presenza di metastasi intraepatiche (multifocali bilobari), di metastasi extraepatiche o di carcinosi peritoneale. Obiettivo della resezione chirurgica è quello di raggiungere la completa rimozione del tumore e dei linfonodi loco-regionali, con un adeguato volume epatico residuo.
I dati pubblicati dal nostro gruppo in un recente studio comprendente pazienti con CCI di tipo MF, vedono una mortalità operatoria dello 0%, il 23% di morbilità e il 90% di resezioni radicali (R0). La sopravvivenza in letteratura è di circa il 50-60% a 3 anni e le recidive compaiono in circa il 60-70% dei casi. I principali fattori di rischio per la prognosi sono la multifocalità e la presenza di metastasi linfonodali.