Clinica
Il colangiocarcinoma perilare (storicamente definito tumore dell’ilo o tumore di Klatskin) rappresenta il 60% dei colangiocarcinomi. Sono più colpiti gli uomini, con una maggiore incidenza nella 6ª e 7ª decade di vita.
È una neoplasia che deriva e coinvolge i dotti biliari di primo ordine (destro e sinistro), dalla confluenza biliare all’ilo epatico o il dotto epatico comune e può estendersi lungo la via biliare prossimalmente, all’interno del fegato, o distalmente lungo la VBP. Viene classificato in quattro tipi secondo Bismuth-Corlette (1975) in base alla sua estensione lungo la via biliare:
- Tipo I tumore localizzato nel dotto epatico comune, senza interessamento diretto della confluenza biliare
- Tipo II tumore localizzato alla confluenza
- Tipo III tumore localizzato alla confluenza con estensione al dotto epatico destro (IIIa) o sinistro (IIIb)
- Tipo IV tumore localizzato alla confluenza ed esteso ad entrambi i dotti epatici, di destra e di sinistra
Dal punto di vista macroscopico i CCE sono classificati secondo la morfologia del tumore e il suo pattern di crescita :
- PAPILLARE (Infiltrante o Espansivo) : Il tipo Papillare (o polipoide) è nettamente delimitate dalla mucosa circostante ed è costituito da tumori intramucosi o intraepiteliali. I polipi tumorali possono essere peduncolati o sessili. Tipico dei CCD
- NODULARE (Infiltrante o Espansivo) : Il tipo Nodulare si solleva gradualmente dalla mucosa circostante. È composto principalmente dalla variante infiltrante. È di più frequente riscontro nei CCI
- PIANO (Infiltrante o Espansivo) : Il tipo Piano è formato da tumori che non si sollevano sulla mucosa, ma si accrescono lungo la parete del dotto. Questa peculiarità di crescita, che nelle fasi iniziali non è di tipo radiale ma longitudinale, è il motivo per cui è possibile evidenziare delle vere e proprie lesioni espansive solo tardivamente. Per lo stesso motivo CCA tende a determinare stenosi dei dotti biliari anche in assenza di grossolane lesioni espansive . Si riscontra più spesso nei CCP
Nel 90% dei casi sono adenocarcinomi. Peculiare di questi tumori è la presenza di una ricca reazione desmoplasica che generalmente accompagna la crescita dei dotti biliari neoplastici.
Fattori di rischio
Il CCP può insorgere su patologie associate ad insulto flogistico cronico delle vie biliari quali la colangite sclerosante, le cisti del coledoco, la calcolosi intraepatica, la malattia di Caroli e l’infestazione da Clonorchis Sinensis (rara nei paesi Occidentali).
Recenti studi sostengono il possibile sviluppo del CCA a partire da lesioni pre-cancerose, principalmente la neoplasia biliare intraepiteliale (anomali dell’epitelio duttale di tipo displestico) e la papillomatosi biliare.
La presentazione clinica d’esordio è generalmente caratterizzata da sintomi di ostruzione biliare: ittero, feci acoliche (di colore chiaro), urine ipercromiche (di colore scuro) e prurito, associati al riscontro dell’ innalzamento degli indici di colestasi agli esami emato-chimici (bilirubina totale e diretta, γ-GT e fosfatasi alcalina).
La colangite, cioè l’infiammazione dei dotti biliari, rappresenta il sintomo d’esordio in meno del 10% dei casi. Tra i marcatori tumorali quelli maggiormente correlati alla malattia sono il CEA e, soprattutto, il Ca 19-9 (quando supera i 100 U/mL ha una sensibilità del 90%). Questi marcatori sono però associati anche a quelle patologie neoplastiche con cui il CCP entra in diagnosi differenziale (ad es. le metastasi da carcinoma del colon-retto) e a quelle malattia epatiche spesso predisponenti ma non ancora tumorali. I markers sono per questo utilizzati per porre il sospetto diagnostico, per valutare la risposta alla chemio-terapia o la possibile ripresa di malattia post-intervento.
Diagnosi
In circa il 10-20% dei casi la diagnosi è casuale, verificandosi a seguito di indagini eseguite per routine o altre ragioni. Le tecniche di imaging utilizzate nella diagnosi e nella stadiazione del CCA sono rappresentate dall’Ecografia, dalla RM, dalla TC.
ECOGRAFIA. È l’indagine di primo livello in tutti i pazienti con ittero. L’ecografia spesso non è in grado di identificare la malattia ma consente di valutarne gli effetti indiretti, come la dilatazione dell’albero biliare a monte dell’ostruzione. Può in alcuni casi escludere una causa litiasica. Inoltre, con l’utilizzo dell’eco-color-doppler, permette una valutazione della pervietà della vena porta, dell’arteria epatica e delle vene sovraepatiche.
TC SPIRALE MULTISLICE. È l’indagine di secondo livello. Come l’ecografia, anche la TC difficilmente riesce ad identificare la lesione primitiva ma risulta fondamentale per la stadiazione preoperatoria: valutare l’eventuale diffusione intraepatica, per rilevare eventuali linfoadenomegalie e metastasi a distanza. Rende possibile l’acquisizione di immagini volumetriche del parenchima epatico e la valutazione del grado di infiltrazione vascolare, fattori fondamentali nella definizione della resecabilità del CCA.
RM e COLANGIO-RM: La RM con mdc fornisce informazioni comparabili a quelle della TC nella valutazione del grado di infiltrazione vascolare oltre ad una valutazione del parenchima epatico e dei linfonodi loco regionali. L’acquisizione di sequenze colangio-RM fornisce immagini di tipo colangiografiche non invasive, in modo da determinare con precisione la sede e l’estensione della stenosi. Tutte le metodiche sopra descritte non presentano valori di sensibilità soddisfacenti nella identificazione precoce del CCE. Questo dato è determinato dalla peculiarità di crescita del CCA che nelle fasi iniziali non è di tipo radiale ma longitudinale, motivo per il quale non è possibile evidenziare delle vere e proprie lesioni espansive.
La conferma della presenza di una lesione neoplastica alla base di una stenosi biliare evidenziata con l’imaging e la sua caratterizzazione istologica, quando necessario, è affidata a metodiche diagnostiche invasive quali la PTC o l’ERCP, che rivestono un importante ruolo anche in fase terapeutica.
Terapia
L’unica terapia ad intento curativo dei colangiocarcinomi perilari è la resezione chirurgica. Il trattamento mira alla resezione completa della neoplasia (margini indenni da malattia, R0).
Nella fase di preparazione all’intervento è importante valutare due aspetti: l’ittero pre-operatorio e il volume epatico funzionante residuo (FRLV). Sono questi i due fattori principali che concorrono nel determinare la principale complicanza di un’epatectomia maggiore: l’insufficienza epatica post-operatoria. Le strategie utilizzate per affrontare tali problematiche sono rispettivamente il drenaggio biliare, per la correzione dell’ittero, e l’embolizzazione portale, per l’aumento del FRLV.
Drenaggio biliare
Da numerosi studi emerge come l’ittero sia associato ad aumentata incidenza di insufficienza epatica e di mortalità post operatoria. Diviene pertanto necessario il drenaggio dei paziente itterici con un target di bilirubinemia <2mg/dL. Il drenaggio biliare, ottenuto sempre tramite procedure invasive, può essere di due tipi:
- Endoprotesi bliare: Consiste nel posizionamento di una protesi interna, che può essere plastica o metallica (quest’ultima ricoperta o non ricoperta), che viene posizionata nel corso di una ERCP (colangio-pancreatografia retrograda endoscopica). Più la stenosi è prossimale, maggiore è la difficoltà di un loro corretto posizionamento.
- PTBD (drenaggio biliare trans epatico percutaneo): È un tipo di drenaggio che viene inserito nelle vie biliari tramite un accesso percutaneo. Viene definito “esterno-interno” quando raggiunge la seconda porzione duodenale e garantisce la continuità bilio-digestiva. Viene definito “esterno” invece se il dotto infiltrato e dilatato viene drenato all’esterno, e il suo unico scopo è la palliazione dell’ittero. I PTBD vengono i posizionati nel corso di una PTC (colangiografia trans epatica percutanea).
Embolizzazione portale
Consiste nell’embolizzazione di uno dei due rami principali della vena porta in modo tale da indurre l’atrofia della parte di fegato che sarà asportata e l’ipertrofia compensatoria dell’emifegato contro laterale. Questo aumenta la possibilità di eseguire resezioni epatiche estese, per ottenere la radicalità dell’intervento, riducendo il rischio di insufficienza epatica post-operatoria. L’embolizzazione portale trova indicazione quando si pianifichi una resezione che decurti fino al 60% del volume del epatico.
L’intervento prevede la resezione completa della via biliare principale e l’asportazione dell’emifegato omolaterale al dotto epatico (destro o sinistro) nel quale la neoplasia si sviluppa prevalentemente. Si associa sempre la resezione del lobo caudato, perché si riduce il rischio di recidive, per motivi anatomici e prognostici. Più rara è l’estensione della resezione epatica ai settori paramediani del fegato rimanente, tale da configurare una trisegmentectomia. La resezione vascolare può rendersi necessaria per ottenere la radicalità oncologica quando i rami portali o arteriosi controlaterali alla neoplasia risultino infiltrati.
La chemioterapia e la radioterapia al momento non sembrano modificare significativamente la prognosi dei pazienti con questa patologia.
Quando non è ottenibile l’asportazione completa della neoplasia è necessario ridurre l’ittero ripristinando la continuità bilio-digestiva, cioè il fisiologico passaggio di bile dal fegato all’intestino, per poter poi eseguire trattamenti con finalità palliativa.